Marinetti e Napoli, una storia “futurista”

Ammaliato da Napoli, dal suo incontenibile dinamismo, dallo spirito anticonformista e ribelle, provocatorio e dissacrante.

Abbagliato dall’elettricità che notte e giorno impregnava l’aria della città, Tommaso Marinetti la scelse per il battesimo del movimento futurista. Il primo Manifesto Futurista venne pubblicato in anteprima assoluta a Napoli, il 14 febbraio del 1909, dall’editore Bideri, e solo una settimana dopo comparve sulle pagine del Figaro. A partire da quella data, Marinetti insieme al suo stato maggiore – Boccioni, Balla, Carrà – è sempre più spesso in città a far conferenze, tenere incontri incandescenti, declamare poesie.

Napoli. Quale scena migliore per un’avanguardia che per demolire il mondo usava l’ironia a tutto spiano.

Non bisognava certo sforzarsi molto per accorgersi che nei napoletani l’arguzia, lo spirito irriverente, lo sfottò erano consustanziali e che il loro teatro di varietà e finanche le antiche tradizioni popolari erano declinabili in stile futurista. La festa di Piedigrotta con i suoi effetti speciali fantasmagorici, gli spettacoli pirotecnici, le ascensioni aerostatiche, eccitava la fantasia di Marinetti. In tutta quella multimedialità e tecnologia, il poeta ci vedeva un inno alla modernità assoluta, una freccia verso il futuro.

La prima serata Futurista napoletana si tenne al teatro Mercadante il 20 aprile 1910. Nei giorni precedenti, il leader massimo del movimento si è dato molto da fare per promuovere lo spettacolo. La città ha reagito bene, il teatro è strapieno. Il pubblico è eterogeneo: borghesi, politici, intellettuali, artisti, qualche nobile e i maggiori esponenti della cultura partenopea. Molte le celebrità: Benedetto Croce, Scarpetta, Vincenzo Gemito, Scarfoglio, Matilde Serao.

Quando il sipario si apre, appaiono Palazzeschi, Carrà, Russolo, Altomare, Mazza, Aroldo Bozzagni, Giuseppe Carrieri in frack e smoking a coda di rondine. Marinetti invece indossa un elegantissimo Stiffelius, mentre Boccioni ostenta un camicione da artista. «Buffoni, reclamisti, pazzi, gente e’ niente», così li accoglie il pubblico napoletano, completamente invasato. È un pubblico abituato alle stravaganze, ai tipi “strani” e non si fa certo intimorire da quella banda di artisti febbricitanti, inneggianti al pericolo, al movimento aggressivo, alla forza dinamica. Molti sono andati alla serata già armati di propositi belligeranti, già pronti a “fare ammuina” contro i killer del chiaro di luna.

Tra questi Matilde Serao. Dal palco della signora addirittura a un certo punto viene lanciata un’arancia contro Marinetti. Questi, impassibile, prende al volo il frutto, lo sbuccia e lo mangia, conquistando così qualche punto nel cuore del pubblico. L’happening raggiunge lo zenit quando colui che incarnava per i napoletani l’idea stessa di artista folle, lo scultore Vincenzo Gemito, scende dal palco e va ad abbracciare Tommaso Marinetti, mentre la gente si scatena «Ecco i due pazz. E’ pazz e’ pazz».

La serata del Mercadante terminò alle 23. Ma non la reazione dei napoletani, ormai in totale ebbrezza dionisiaca. Accalcata fuori al teatro, una folla enorme accolse gli artisti tra urla di approvazione, applausi, fischi e pernacchie. Facendosi largo con il bastone, un uomo si avvicinò a Marinetti e disse: «Viva sempri il fotorismi!». Quell’uomo era il camorrista Vastiano o’ chiummo, in italiano Sebastiano il proiettile. Fu a quel punto, probabilmente, che Marinetti comprese. Napoli era molto più futurista di lui.

«Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano».

La polibibita futurista è servita!

Il movimento futurista non si interessò solo di arte e poesia bensì di tutti gli aspetti della vita, style of life diremmo noi oggi. E poiché i futuristi furono frequentatori assidui di bar e cafè chantant vollero dire la loro anche sui cocktail che, in perfetto stile autarchico, chiamavano polibibite. Nei ricettari del periodo si trovano bevande ideate da molti illustri esponenti del futurismo. Bevande rivoluzionarie perchè i futuristi non potevano certo fare dei cocktail, pardon polibibite, secondo le rigide regole vigenti nel settore. Marinetti infatti sosteneva che «Ogni errore di dosaggio, potrà dar vita ogni volta ad una ricetta diversa». Nella creazione dei loro cocktail, i futuristi utilizzarono stili e tecniche che per svariati aspetti assomigliano molto all’arte della miscelazione contemporanea.

Nei suoi soggiorni al Grand Hotel Parker’s, Marinetti amava trascorrere molte ore al bar. Aveva stretto amicizia con il barman e lo costringeva a farsi preparare le sue bizzarre invenzioni, le polibibite marinettesche. Alla fine il sodalizio tra i due fu completo, tanto che ingaggiavano delle vere e proprie gare. Il cocktail futurista più artistico e più pazzo della città. In omaggio al celebre artista italiano, presso il nostro ristorante Liberty, che conserva intatta l’atmosfera dell’epoca, serviamo cocktail ispirati alle polibibite futuriste, oggi peraltro di gran moda tra i bartender più raffinati.